mercoledì 26 ottobre 2011

C’era una volta la Materit…

C’era una volta la Materit…
di Giuseppe Balena
Tratto dal settimanale “L’indipendente lucano”

C’era una volta una fabbrica che produceva un prodotto bianco e soffice, quasi fosse neve. Purtroppo non è una favola, ma un incubo. Quella “neve” artificiale che ha coperto la vita di molti lavoratori, era amianto. Quella fabbrica era l’archetipo della favola industriale della Val Basento, ma non ha mai avuto il suo lieto fine. C’era una volta una fabbrica con i suoi sacchi di veleno stipati e ben ordinati. Alcuni di questi “abbandonati” sul ciglio della Strada Statale Basentana. C’era una volta una landa desolata dove gli abitanti continuano ad ammalarsi e a morire. Purtroppo non è una favola, ma è la realtà che spesso ha le sembianze di un incubo. Soldi, inquinamento, morte. Sono le tre parole che s’intrecciano pericolosamente nell’intera vicenda dell’ex Materit S.r.l. di Macchia di Ferrandina, in provincia di Matera.
Azienda del gruppo Fibronit con sede amministrativa a Casal Monferrato è stata in attività dal 1973 al 1989, quando fu chiusa dal Nucleo operativo ecologico dei carabinieri a causa della mancanza della discarica autorizzata per lo smaltimento dei propri rifiuti. L’azienda fu posta in liquidazione e i lavorati furono messi in cassa integrazione. Da quel momento si attende ancora il lieto fine della bonifica.
LA FAVOLETTA DELL’AMIANTO
L’amianto o asbesto è un insieme di minerali del gruppo dei silicati, appartenente alle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli. La sua resistenza al calore e la sua struttura fibrosa lo rendono adatto come materiale per indumenti e tessuti da arredamento a prova di fuoco. L’accertata nocività per la salute, però, ha portato a vietarne l’uso in molti paesi. Le polveri di amianto, infatti, se respirate provocano l’asbestosi nonché tumori della pleura, ovvero il mesotelioma pleurico, dei bronchi e il carcinoma polmonare.
Una fibra di amianto è 1300 volte più sottile di un capello umano. Teoricamente l’inalazione anche
di una sola fibra può causare patologie mortali. L’amianto è stato utilizzato fino agli anni ottanta
per produrre la miscela cemento amianto (nome commerciale Eternit) per la coibentazione di edifici, tetti, navi e treni; inoltre è stato utilizzato per la fabbricazione di corde, plastica e cartoni e addirittura come coadiuvante nella filtrazione dei vini. La prima nazione al mondo a riconoscere la natura cancerogena dell’amianto e a prevedere un risarcimento per i lavoratori danneggiati fu la Germania nazista nel 1943. Quarant’anni dopo, però, ai lavoratori dello stabilimento Materit mancò quasi del tutto la formazione e l’informazione sulla sua pericolosità. In Italia l’impiego dell’amianto fu bandito nel 1992. La legge n. 257 del 1992, infatti, oltre a stabilire termini e procedure per la dismissione delle attività inerenti all’estrazione e la lavorazione dell’asbesto, è stata la prima a occuparsi anche dei lavoratori esposti all’amianto.
Un posto da incubo
Ai sensi del D. M. 18/03/2003 n. 101 il sito della Materit s’inquadra nella Categoria 1, ossia come
impianto industriale dismesso con lavorazione di amianto utilizzato come materia prima. L’area
dello stabilimento, chiusa e interamente recintata, si trova nella Zona Industriale di Ferrandina e
ricade nel perimetro dell’area del sito inquinato d’interesse nazionale della Val Basento (riconosciuto tale con D.M. dell’Ambiente n.179/2002). Lo stabilimento è costituito da un’area di circa 77.600 m2 in parte occupata da capannoni, tettoie, piazzali e viabilità pavimentati. Gli spazi restanti sono destinati a vasche di raccolta fanghi, discarica sfridi e fanghi di lavorazione, canalizzazioni fognarie a cielo aperto e condotte. Le aree rimanenti, non coperte o pavimentate, hanno una superficie pari a circa 26.800 m2. L’area dista dal fiume Basento circa 300 metri, tanto che abitualmente il materiale di scarto accompagnato con l’acqua era smaltito tramite una condotta che sfociava direttamente nel fiume.
La stessa acqua lungo il percorso del fiume era impiegata per irrigare i campi. L’amianto, insieme
con altre sostanze inquinanti della zona, entrava così direttamente nel ciclo alimentare.
C’era una volta …
La favola noir della Materit ha inizio ufficialmente nel lontanissimo 31 ottobre 1994 quando la Regione Basilicata prendeva atto della presenza di rifiuti speciali momentaneamente stoccati nel piazzale dello stesso stabilimento e autorizza la società a procedere allo smaltimento. Si deliberava che entro otto mesi dalla data di emissione del provvedimento l’azienda avrebbe dovuto completare lo smaltimento nella discarica interna di 2° categoria di tipo “B”. Il materiale oggetto delle operazioni di smaltimento comprendevano 3 mila metri cubi di fanghi secchi e 600 metri cubi di rottami e sfridi di manufatti che, dopo analisi chimiche effettuate dal dipartimento di Georisorse e territorio del Politecnico di Torino e dal laboratorio Analisys di Casanova Lonati, venivano considerati di tipo speciale non tossico nocivo con tenore di amianto (polveri e fibre libere respirabili) inferiori, comunque, alla concentrazione limite. Nel corso degli anni non solo si parlerà di livelli di contaminazione “tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente naturale o costruito”, ma magicamente negli atti ufficiali cambieranno anche i quantitativi dello stesso materiale. Dopo svariate autorizzazioni allo stoccaggio provvisorio, di fatto, la bonifica definitiva non è mai arrivata. C’era una volta uno stabilimento e il suo carico di veleni. C’era una volta e purtroppo c’è ancora. Questo è solo l’inizio della storia, anche
perché il lieto fine deve ancora deve arrivare.
Ogni favola ha il suo orco. La favola dell’industrializzazione e del benessere della Val Basento ha un orco difficile da sconfiggere. Il mostro cattivo si chiama amianto. E’ quello lasciato dall’ex Materit S.r.l. di Macchia di Ferrandina, in provincia di Matera. L’azienda faceva parte del gruppo Fibronit e ha svolto la sua attività produttiva dal 1973 al 1989, quando fu chiusa dal Nucleo operativo ecologico dei carabinieri a causa della mancanza della discarica autorizzata per lo
smaltimento dei propri rifiuti. L’azienda fu posta in liquidazione e i lavorati furono messi in cassa integrazione. Da quel momento si attende ancora la felice conclusione della bonifica.
La matematica è un’opinione
Nel 1994, a distanza di cinque anni dalla chiusura, la Regione Basilicata prendeva atto della
presenza di rifiuti speciali momentaneamente stoccati nel piazzale dello stabilimento e autorizzava
la società a procedere allo smaltimento. Si deliberava, in particolare, che entro otto mesi dalla data di emissione del provvedimento l’azienda avrebbe dovuto completare lo smaltimento nella discarica interna di 2° categoria di tipo “B”. Il materiale oggetto delle operazioni di smaltimento comprendeva tre mila metri cubi di fanghi secchi e 600 metri cubi di rottami e sfridi di manufatti. Dopo altri cinque anni, in data 20/01/1999, la ditta Materit S.r.l. richiedeva il rinnovo dell’autorizzazione regionale allo stoccaggio temporaneo di circa 120 metri cubi di rifiuti pericolosi contenenti amianto e rivenienti dall’operazione di bonifica in corso; una quantità diversa rispetto a quello accertato nel 1994.
Intanto nella nota dell’Arpab dell’1/06/2000 si dichiarava che la concentrazione media di polveri
o fibre libere di amianto nei fanghi era pari a 5.000 mg/kg (0,5%), pertanto erano da considerarsi
“rifiuti speciali pericolosi” ai sensi dell’art. sette allegato H del D.Lgs 5/2/97 n. 22. Pertanto, ai
fini dello smaltimento i rifiuti andrebbero conferiti in discarica di 2° categoria di tipo “B”, adatta per i
rifiuti contenenti amianto speciali pericolosi, oppure in discarica di 2° categoria di tipo “C”.
Aspettando la bonifica…
Nel giugno del 2001 era approvato il piano dei lavori per la bonifica mediante confezionamento,
trasporto e smaltimento dei rifiuti pericolosi, solidi e polverulenti, presenti nell’area del dismesso
stabilimento posto nel frattempo in liquidazione. I lavori erano affidati alla ditta
ECO C.LR.R. Srl di Bari. Nel 2002 la Materit rispondeva alle richieste della Provincia di Matera e specificava che nello stabilimento erano presenti i seguenti materiali: fanghi recuperati in circa 400 bigbags omologati pari a circa 400 tonnellate, rifiuti friabili stipati in circa 110 big-bags pari a circa 25 tonnellate, ceneri volanti recuperate in dodici big-bags pari a circa 15 tonnellate, polvere di silice in 5 big-bags pari a circa 5 tonnellate e circa 120 tonnellate lastre piane in cellu1osa-cemento. I rifiuti dell’ex Materit comprendevano inoltre: due forni di essiccazione, tre generatori di vapore, un generatore di calore contenente olio diatermico - reti di distribuzione acque e vapore di processo, un impianto di riscaldamento, capannone e canali di scambio acque e fanghi di processo con l’esterno. Tutto fermo per altri quattro anni.
Nel 2005, vista la latitanza della Materit, l’amministrazione comunale di Ferrandina emetteva l’ordinanza di diffida al proprietario per eseguire gli interventi necessari. L’azienda, però, non aveva più fondi a disposizione. Il costo degli interventi prioritari individuati era stimato in circa
un milione di euro. Nei bilanci regionali del 2006 e del 2007 erano stanziati oltre 50 milioni di euro per bonifiche da inquinamento. Intanto la Direzione qualità della vita del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio indicava la Basilicata come al terzo tra i siti potenzialmente inquinati da amianto.
“Potenzialmente inquinati”, è ovviamente solo un’espressione eufemistica perché, per esempio,
in Val Basento l’amianto c’è stato e purtroppo c’è ancora.
La bonifica: ancora una favola
Passano gli anni e si giunge alla cronaca recente. La bonifica completa e risolutiva, però, è tuttora una favola. Nel documento preparatorio all’ennesima conferenza di servizi del 31/03/2011 si precisa che sono stati smaltiti quattordici big-bags e si stimano presenti sul sito ancora circa 500 metri cubi di materiale oltre a ulteriori 630 mila kg di materiale e apparecchiature varie. Il costo stimato per la rimozione e la bonifica delle aree è di circa 2.580.000 euro. Poiché i tempi autorizzati al deposito temporaneo dei big-bags sono ampiamente trascorsi, occorrerebbe (condizionale più che mai d’obbligo) procedere all’immediata verifica delle condizioni di sicurezza del materiale depositato nel capannone e sul ciglio della strada statale Basentana. Nella Conferenza di Servizi del 20/ 07/2011 è stato ribadito il ritardo decennale nell’opera di bonifica. Meno male. Bisognerà, inoltre, classificare i rifiuti contenuti in 120 fusti e provvedere allo smaltimento. Per la messa in sicurezza dei suoli il Comune di Ferrandina, divenuto proprietaria dell’area, ritiene necessario commissionare uno studio per l’analisi del rischio specifico, propedeutico per la successiva valutazione e attuazione degli interventi. Punto e a capo: si ricomincia dall’inizio. C’era una volta la Materit…
C’era una volta una valle incantata. In principio la Val Basento doveva essere proprio così, come in una favola.
Poi è arrivata la modernità: soldi, inquinamento, malattie e morte. Un canovaccio che si ripete, ad esempio, anche per l’insediamento produttivo ex Materit s.r.l. situato nella zona industriale di Ferrandina.
L’azienda del gruppo Fibronit ha svolto attività di lavorazione e trattamento dell’amianto dal 1973 al 1989.
Questo elemento è stato utilizzato fino alla fine degli anni ottanta per produrre la miscela cemento-amianto (nome commerciale Eternit) impiegato per la coibentazione di edifici, tetti, navi e treni; inoltre è stato utilizzato per la fabbricazione di corde, plastica e cartoni e addirittura come coadiuvante nella filtrazione dei vini. La Materit è stata posta in liquidazione e, di fatto, una bonifica definitiva del sito non è stata mai effettuata, sebbene la Val Basento sia stata riconosciuta quale sito d’interesse nazionale ai sensi dell’art. 14 della legge n. 179 del 31/07/2002. Una bonifica mancata nonostante un fiume di denaro stanziato (vedi tabella) e la moratoria
sancita nel 2004 da parte della comunità europea. Da ultimo nel documento preparatorio all’ennesima conferenza di servizi del 31/03 2011 il costo stimato per la rimozione e la bonifica delle aree interessate è di circa 2.580.000 euro. Tanti soldi per una bonifica che non si è mai fatta. Ciò che è rimasto, invece, è l’inquinamento. Nello stesso documento preparatorio dell’ultima conferenza di servizi si precisa che sono stati smaltiti 14 big-bags e si stimano presenti sul sito ancora circa 500 metri cubi di materiale. Il sito produttivo dista circa 300 metri dal fiume Basento, tanto che quando lo stabilimento era in funzione il materiale di scarto, abitualmente accompagnato con l’acqua, era smaltito tramite un condotto che sfociava direttamente nel fiume. La stessa acqua lungo il percorso del Basento era impiegata per irrigare i campi. L’amianto, insieme con altre sostanze inquinanti presenti nell’area industriale, entrava così direttamente nel ciclo alimentare. L’aspetto preoccupante è proprio il cocktail di veleni presenti in loco. Attualmente l’amianto rimasto non è solo quello della Materit, ma la sostanza killer è presente anche nei dintorni dello stabilimento; infatti, sono numerosi i tetti in amianto degli altri opifici della zona. Da studi effettuati si è accertato che dopo solo cinque anni dall’installazione il materiale inizia a degradare, rilasciando nell’aria e sul terreno le polveri che immancabilmente inquinano le falde ed entrano nel ciclo alimentare. In Italia si contano circa quattromila decessi all’anno per patologie correlate all’amianto. Più di 20 mila dal 1993 a oggi. Una strage silenziosa. In questi numeri sono compresi anche i lavoratori dell’ex Materit. Si parla di malattie gravi e spesso mortali: dal mesotelioma pleurico all’asbestosi, dal fibroma polmonare alle lesioni pleuriche e peritoneali fino al carcinoma bronchiale. Di queste malattie spesso sono state vittime anche i familiari dei lavoratori
che portavano a casa gli indumenti del lavoro, contaminando di fibre l’intera abitazione. Complessivamente in Val Basento sono stati riconosciuti circa 660 esposizioni all’amianto rispetto alle oltre 1850 domande
pervenute all’INAIL. I lavoratori dell’ex Materit hanno ottenuto, comunque, un abbuono del versamento dei contributi previdenziali. Magra consolazione. Su 260 casi di patologie tumorali ci sono stati oltre 160 casi di decessi di lavoratori di età compresa tra i 50 e i 70 anni. L’INAIL, inoltre, non accetta casi postdatati, ossia quando siano passati più di tre anni e 150 giorni dal decesso. Una lotta contro la malattia e contro la burocrazia. Per fronteggiare queste situazioni è attiva sul territorio la Sezione Val Basento – Basilicata dell’AIEA (Associazione Italiana Esposti Amianto). Considerato il lungo tempo di latenza della malattie in questione (da 15 a 40 anni), l’associazione guidata daMario Murgia si sta impegnando per sostenere l’intera vertenza amianto che si trascina ormai da diversi anni al fine di avere una corretta definizione e permettere
ai lavoratori ex esposti di ottenere il giusto riconoscimento dei benefici previdenziali, così come
previsto dalla legge 257/92.
Grazie all’azione dell’AIEA nel 2009 una legge regionale ha stanziato circa 200 mila euro per gli screening dei lavoratori anche non riconosciuti come esposti all’amianto. La favola ha lasciato il posto all’incubo. C’era una volta una valle incantata, ora c’è solo una valle inquinata e disincantata, dove le responsabilità non saranno mai accertate.
Soldi stanziati per la bonifica
1999 5 MILIARDI DI LIRE
copertura finanziaria regionale a sostegno degli interventi di bonifica
2002 4.225.609,18 EURO
attività di consulenza e supporto tecnico scientifico per la bonifica da amianto
2003 166.011,60 EURO
realizzazione mappatura completa della presenza amianto
2004 500 MILA EURO
interventi di bonifica di particolare urgenza dell’area ex Materit al comune di Ferrandina
2006 300 MILA EURO
impegno di spesa da approvazione graduatoria e assegnazione finanziamenti per 5 interventi
presentati nel 2005 (76.098,11 euro eccedenti rinviati a successivo atto di finanziamento)
2006 2.272.727 EURO
risorse aggiuntive per la Valbasento,

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