sabato 21 agosto 2010

Alcune osservazioni del dott. Paolo Plescia, ricercatore del CNR, sul dibattito in corso tra quale sia il metodo di smaltimento ottimale per l'amianto

Sulla problematica delle discariche non devono esserci più dubbi: studi di molteplici gruppi di ricercatori in tutto il mondo hanno dimostrato che l'amianto, "sottoterra", è inerte solo se è allo stato naturale: le fibre sulle rocce hanno dimensioni non respirabili e non sono state attivate meccanicamente, quindi le rocce con amianto non fanno male a nessuno. Quando l'amianto è oggetto di coltivazione mineraria e diventa polvere che viene usata per produrre manufatti in cemento o altro qualsivoglia manufatto, esso viene "attivato" ( si vedano gli studi dell'Istituto Scansetti di Torino, Dr.ssa Bice FUBINI, probabilmente la migliore esperta della materia in Europa)e diventa quindi veicolo di problemi. Nel momento in cui un ETERNIT viene interrato, è dimostrato (anche il sottoscritto ha pubblicato diversi articoli in merito) che la matrice viene aggredita molto rapidamente, molto più che se lasciata dove si trovava. Il cemento viene dissolto, lasciando la fibra libera di muoversi e di essere trasportata dal percolato. Quando il percolato raggiunge il punto di raccolta dovrebbe essere filtrato: ma per farlo si dovrebbe usare un impianto a osmosi inversa, tale da tirar fuori solo acqua distillata, cosa che nessun imprenditore sano di mente farebbe, visto i costi. Quindi si usano filtri meccanici, ben presto saturi, che rilasciano fibre senza alcun controllo, le quali entrano nel circuito delle acque superficiali e, dato il loro particolare potenziale elettrico di superficie, tendono a legarsi alle strutture organiche presenti nelle acque e a emergere. Morale: nel giro di pochi mesi, svariate centinaia di grammi di fibre per mc di acque "filtrate" tenderanno ad essere messe a contatto con l'atmosfera.

A questo punto è meglio lasciare i tetti la dove sono...

Per gli impianti, non ho alcuna preclusione: basterebbe applicare la norma che scrivemmo anni or sono: non ci interessa come inertizzate, ma solo cosa produce l'inertizzazione.

Per quanto attiene alla cristobalite (ndr alcuni sostengono che il trattamento può trasformare la fibra in cristobalite, che è un cancerogeno di classe 2A per lo IARC) si tratta di una questione messa ad arte in giro da chi ha interesse a screditare alcuni processi. Anzitutto i "professori" che hanno partorito tale idea dovrebbero anche dire che è possibile facilmente modificare la composizione del mix finale e eliminare la cristobalite nel momento in cui si forma, semplicemente aggiungendo additivi specifici, quali argilla o calce, in modo che al suo posto si formino silicati di calcio (wollastoniti o akermaniti) come avviene naturalmente nelle cementerie.

Di conseguenza è ovvio che tutte queste polemiche sono artificiose e messe in atto da gente che vuole approfittarsi della scarsa conoscenza della materia da parte di chi deve decidere.

Paolo Plescia

Nessun commento: